L’Archetto e il Violino

Tradotto da Olga Zagorovskaia

L’Archetto, appena nato, ha aperto gli occhi e ha visto davanti a se il Maestro che l’ha creato.

– Sei splendido,– gli ha detto il Maestro,– ti aspetta il glorioso futuro. Tu potrai estrarre dei meravigliosi suoni ed essi saranno perfetti. Musica a cui darai origine, toccherà le anime delle persone e le farà diventare migliori.

– Oh com’è bello quello che dici,– ha esclamato l’Archetto,– certamente sarà proprio così!– e con queste parole l’Archetto si è divincolato dalle mani del Maestro ed è scappato via.

– Ehi! Aspetta! Però non ti ho ancora detto come dovrai suonare,– gli gridò il Maestro, ma l’Archetto non lo ascoltava più, lui correva verso la sua gloria!

Il sole era sgargiante, il cielo azzurro, il prato sembrava un tappeto verde smeraldo.

– Tutto nel mondo è perfetto!– gongolava l’Archetto.– Ma la cosa più importante è che io esisto per un importante obiettivo e questo obiettivo è veramente stupendo! La mia vita ha un grande significato.

Così, contento e felice di tutto ciò che lo circonda, l’Archetto si è allontanava da casa sempre di più.

All’improvviso gli è venuta un’idea che l’ha fatto stare sopra pensiero:

– A proposito, come devo creare la musica? Mica posso generare i suoni da sé stesso? Che strano che il Maestro non mi ha detto niente su come devo fare per fare la musica. Dov’è il segreto?– E l’Archetto si è messo a sbirciare nelle finestre delle case in cerca di qualcosa di utile per suonare. Dopo tanto tempo da una finestra aperta lui ha sentito la Musica.

– Finalmente!– si è rallegrato l’Archetto.– Eccolo quello che cercavo così a lungo,– ed è entrato in casa.

Al centro della sala troneggiava uno gigantesco pianoforte a coda nero.

– Wow,– penso allora l’Archetto,– questa sì che una grande cosa! Adesso farò una esibizione da sbalordire tutto il mondo!

– Chi sei?– ha chiesto l’Archetto.

– Sono il pianoforte a coda,– ha risposto grande strumento e si è girato per vedere meglio chi è chi gli sta parlando.

– E tu chi sei?– ha domandato il Pianoforte a coda, dopo aver inquadrato bene il suo ospite.

– Sono Archetto. Sono stato creato per fare la Musica e adesso te lo dimostrerò. Sei pronto per diventare famoso?

– Aspetta, prima suona, poi riparleremo del diventare famosi,– ha borbottato il pianoforte a coda.

– Tu non sai niente. Sono perfetto e sono stato creato per la musica sublime. Così ha detto il mio Maestro.

– Allora prova, dai,– ha risposto il Pianoforte. L’Archetto ha fatto un po’ di giri attorno lo strumento, ha sfiorato i suoi fianchi laccati e si è fermato davanti ai tasti bianchi e neri.

– Dai, su questi si suona la musica,– gli ha suggerito il Pianoforte.

– Su questi?? E come, vorrei sapere?

L’Archetto ha fatto una corsa su e giù per i tasti ma non si è sentito niente che minimamente somigliava alla Musica.

– Ma non è così che si suona,– ha brontolato il Pianoforte,– sui tasti si preme, non si scivola.

– Qui c’è qualcosa che non va,– ragionava ad alta voce l’Archetto.– Non è che dentro di te c’è un segreto nascosto? Per esempio, sotto questo coperchio superiore?– e lui si è messo ad ispezionare l’interno del Pianoforte.

– Ecco cosa tieni nascosto dentro!!! Cos’è?– esclamo quasi subito l Archetto.

– Sono le corde, ma da sole non suonano.

– Se non suonano, allora non sono buone,– ha dichiarato l’Archetto e si e messo a correre sulle corde creando così una marea di suoni rantolosi e striduli.

– Ma cos’è questo baccano? Così mi rovini tutta la meccanica! Via da qui!– il Pianoforte a coda ha chiuso con forza il coperchio e l’Archetto ha fatto appena in tempo di farsi da parte.

– E tanto piacere,– si è offeso l’Archetto,– se vuoi sapere, sei proprio tu quello sbagliato. Non hai nemmeno le corde decenti. Chissà che ti ha costruito?

– Lo stesso che ha costruito anche te,– ha scricchiolato il Pianoforte a coda girando le spalle all’Archetto.

– Che bugiardo,– pensava l’Archetto camminando per strada,– ha le corde stonate. Ed è proprio lui che dice che non so suonare! Così lui andava avanti finché non ha sentito strani suoni: sembrava o il rumore dei sassi che cadono o dolce fruscio delle onde. Incuriosito, l’Archetto si è affacciato sul cortile della casa.

– Chi sei?– ha chiesto sbalordito a uno strano strumento musicale.

– Sono il Tamburo,– ha risposto quello con fierezza.

– Io invece sono perfetto. Ora facciamo una bella musica. Sei pronto per diventare famoso?– senza aspettare la risposta, l’Archetto ha fatto un lungo scivolone sulla pelle liscia e tesa del Tamburo.

– No no!– Ha esclamato il Tamburo,– per suonare non devi scivolare, sono uno strumento a percussione!

– Che tu pensi, io non so come si fa?– E l’Archetto ha dato un paio di colpi sul Tamburo.

– Che vergogna!– si è indignato il Tamburo,– Guardati bene: sembri un bastone invece non lo sei, comunque sei completamente inutile.

– E chissà chi ti ha costruito?– ha concluso il Tamburo gonfiando il petto di pelle.

– Mi ha costruito il Maestro,– ha sussurrato l’Archetto.

– Stai scherzando! Io sì che sono stato costruito dal Maestro,– il Tamburo rullava dalle risa.

Con la testa tra le spalle, L’Archetto ha continuato per sua strada.

IL cielo si è coperto dai nubi e la triste pioggerellina ha fatto rientrare tutta la gente in casa. Solo il nostro Archetto continuava ad andare sempre avanti senza sapere dove e perché.

– Non posso stare sotto la pioggia, i miei crini si rovineranno per sempre e io non potrò mai diventare famoso,– ha pensato ad un certo punto l’Archetto e ha bussato in prima porta che gli è capitata.

– Posso asciugarmi un po’?– ha chiesto lui ai padroni da casa.

– Certo, si accomodi,– gli è stato risposto e lui si è trovato in una piccola stanza con il caminetto acceso.

Dopo aver asciugato bene i crini nel tepore del fuoco scoppiettante, l’Archetto ha dato una sbirciatina in giro.

– è da un po’ di tempo che La sto osservando,– da uno degli angoli della stanza si è sentita all’improvviso una piacevole voce.

– Chi è Lei?– Ha chiesto L’Archetto.

– Sono il Violoncello, presti l’attenzione alle mie forme ideali e alle mie formidabili corde.

– Corde?– si è animato un poco l’Archetto,– e sulle vostre corde si può suonare?

– Certamente! Io so fare i magici suoni, e lei assomiglia molto a quelli con chi io creo la Musica.

– Mi permettete di provare, per favore? Qualcuno ha detto una volta che dovrei riuscire a suonare molto discretamente.

– Prego,– l’ha invitato il Violoncello.

L’Archetto ha sfiorato le corde una, due, tre volte, ma ai suoni che si sentivano mancava la giusta profondità e la giusta forza.

– Lei probabilmente è troppo giovane oppure non è stato definito bene. Comunque dovrete crescere parecchio prima che le mie corde saranno adatte ai vostri crini!– ridacchiò il Violoncello…

Quando la pioggia è finita, l’Archetto continuò per la propria strada.

Ne il sole splendente, né il cielo azzurro e il tappeto erboso verde smeraldo gli davano più gioia.

Tutto il mondo gli sembrava triste e privo di senso. Lui non voleva più nemmeno sentire la musica.

– Voi suonate,– gli chiedevano.

No, mi dispiace,– rispondeva l’Archetto.

– E allora perché voi esistete?– gli facevano la domanda si giravano tutti dall’altra parte…

Non sappiamo quanto tempo è passato, sappiamo solo che un giorno l’Archetto è tornato nella casa del Maestro.

Il Maestro, appena l’Archetto ha varcato la soglia, l’ha riconosciuto e ha esclamato:

– Amico Archetto! Come sono contento! Raccontami della tua vita, dovresti essere molto felice.

– Mi hai ingannato,– ha risposto l’Archetto,– ti ho creduto ed eccomi, solo e sconfitto. Mi hai promesso il futuro glorioso ed eccomi qua incapace e non è buono a niente. Perché mi hai costruito?

– Aspetta,– ha detto il Maestro,– ti ho costruito bene, non dovevi avere la vita diversa da quella che ti ho predetto.

– Di cosa parli?– ha sospirato l’Archetto,– ho provato molti strumenti musicali, mi sono impegnato, ma non ho raggiunto alcun risultato. E ora sono convinto che sono privo di qualsiasi talento e la mia esistenza non ha senso.

– Aspetta aspetta,– ha detto pensieroso il Maestro.– Non ti ho sentito parlare del Violino. Può essere che anche lui?

– Il Violino?– lo ha interrotto l’Archetto.– Mai sentito nominare!

– Ma come?– si è meravigliato il Maestro, è andato di corsa in un’altra stanza e tra un istante è ritornato con uno grazioso strumento nelle mani.– Sei stato creato per suonare proprio il Violino!

– No, Maestro, non suono più,– gli ha risposto l’Archetto.– La musica per me è solo una delusione e sofferenza.

– Credimi,– insisteva il Maestro,– prova e vedrai che andrà tutto benissimo!

– Ho già provato tante volte e non sono mai riuscito,– scuoteva tristemente la testa l’Archetto.

– Adesso riuscirai,– insisteva il Maestro

– Una volta ti ho già creduto, mi hai detto che avrò un futuro brillante,– ha detto l’Archetto con amarezza.

– Si, ma non mi hai voluto ascoltare fino alla fine e hai cercato tra gli strumenti sbagliati. Ho costruito molti strumenti ed essi vivono tutti felici. Avanti.– Ha detto il Maestro, porgendo il Violino all’Archetto,– sii felice pure tu!

– Va bene,– si è arreso l’Archetto,– mi fiderò di te, ma per l’ultima volta.

Dicono che le magie succedono solo nelle favole. Ma non è vero. Le magie esistono. Esistono e vivono nella musica.

– Che meraviglia, che miracolo,– sussurravano tutti che hanno sentito suonare il Violino e l’Archetto.

Ma il Maestro sapeva che il miracolo succede soltanto quando ogni Archetto trova il suo Violino.

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